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Come e perché si fa l’ECG da sforzo

Homepage conoscere il cuore Come e perché si fa l'ECG da sforzo
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Come e perché si fa l’ECG da sforzo

24/01/2009
By Roberto Ricci
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L’elettrocardiogramma da sforzo (o test ergometrico) è un esame strumentale che consiste nella registrazione dell’elettrocardiogramma durante l’esecuzione di uno sforzo fisico (a differenza dell’ECG basale che viene regi-strato in condizioni di riposo). In questo modo è possibile esaminare la risposta dell’apparato cardiocircolatorio all’esercizio fisico, in particolare per quanto riguarda la frequenza cardiaca, la risposta pressoria e le eventuali alterazioni ECG. Durante lo sforzo fisico si realizzano infatti condizioni che comportano un incremento delle richieste di lavoro al cuore che potrebbero mettere in evidenza eventuali alterazioni non riscontrabili a riposo. Può essere considerato l’esame strumentale di prima scelta per la diagnosi di cardiopatia ischemica.

COME SI FA UN ECG DA SFORZO? Al paziente vengono applicati gli elettrodi adesivi su torace e dorso. Viene quindi registrato un elettrocardiogramma basale. Il paziente inizia poi lo sforzo fisico, solitamente pedalando su una cyclette (cicloergometro) oppure camminando su un tappeto rotante (treadmill). Lo sforzo è progressivo e viene incrementato mediante aumento costante della resistenza opposta dai pedali del cicloergometro o della velocità del tappeto rotante. Si inizia da un basso carico di lavoro che viene progressivamente aumentato fino al raggiungimento di un determinato valore di frequenza cardiaca, calcolato dal medico in base al sesso e al-l’età del paziente. La scelta della entità e della velocità di incremento dello sforzo viene fatta dal medico nell’ambito di protocolli standardizzati, sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente.

Durante l’esame l’attività cardiaca viene tenuta costantemente sotto controllo, dal medico e dall’infermiere, attraverso il monitoraggio elettrocardiografico e la rilevazione ad intervalli regolari della pressione arteriosa, mediante sfigmomanometro abracciale. Durante l’esecuzione dell’esame, molta attenzione viene rivolta ai sin-tomi che il paziente può avvertire (dolore toracico, capogiri, mancanza di fiato, debolezza eccessiva) e al loro rapporto con le eventuali variazioni dell’elettrocardiogramma e della pressione arteriosa.
La prova ha una durata complessiva di circa 20 minuti e viene effettuata in ambienti (laboratorio di Ergometria) attrezzati a fronteggiare anche eventuali complicanze. Può essere interrotta dal medico in qualsiasi momento fosse necessario (esistono criteri clinici e strumentali di arresto standardizzati), ma anche su richiesta del paziente. L’EGC da sforzo è una metodica estremamente sicura se condotta nel laboratorio secondo i protocolli standard. Prima dell’esame viene solitamente richiesta al paziente la firma del cosiddetto “consenso informato”, un documento che elenca indicazioni, modalità di esecuzione e possibili complicanze della prova da sforzo.

PERCHÉ SI FA UN ECG DA SFORZO? Rispetto all’ECG basale, quello da sforzo offre maggiori informazioni sullo stato di salute del cuore perché ne aumenta il lavoro, evidenziando eventuali patologie non riscontrabili a riposo. L’elettrocardiogramma da sforzo costituisce l’indagine strumentale di base nella diagnostica della cardiopatia ischemica, ed è: diagnosi di cardiopatia ischemica nel paziente con episodi di dolore toracico sospetti per angina pectoris valutazione funzionale dei pazienti cori cardiopatia ischemica nota (angina stabile, pregresso infarto del miocardio); valutazione dell’efficacia della terapia anti-ischemica; valutazione dopo rivascolarizzazione coronarica (angioplastica, inter-vento di bypass aortocoronarico); valutazione delle aritmie, in alcuni casi particolari.

L’ECG da sforzo si dice positivo (cioè, patologico) se mette in evidenza segni elettro cardiografici di ischemia (che si manife stano principalmente con un sottoslivellamento del tratto ST). Se durante lo sforzo il paziente accusa dei disturbi (dolore toracico, mancanza di respiro) in assenza alterazioni ECG, il test ergometrico viene considerato “non diagnostico” e può esse-re indicato un approfondimento diagnostico con altri test (per esempio la scintigrafia miocardia). Se il test da sforzo è sicuramente positivo, può essere indicato iniziare un trattamento farmacologico antiischemico la cui efficacia, oltre che sui sintomi, va valutata con la ripetizione dell’esame a distanza di tempo; se i segni di ischemia sono più gravi, al paziente vie-ne in genere consigliato un esame coronarografico. Tuttavia, queste indicazioni sono valide solo in linea di massima (come ricordato dalla Fondazione nazionale per la lotta alle malattie cardiovascolari) e l’interpretazione del risultato di un ECG da sforzo deve essere integrata in una valutazione cardiologica e clinica globale del paziente.

QUALI SONO I LIMITI DELL’ECG? Alcune particolari condizioni e anche l’assunzione di alcuni farmaci possono interferire con la valutazione di un ECG da sforzo. Per esempio, l’incapacità del paziente (per problemi ortopedici, neurologici o psichi-ci) ad eseguire uno sforzo fisico rappresenta una controindicazione al test ergo-metrico. Alcune caratteristiche dell’ECG basale, tra cui il blocco di branca sinistra, rendono non attendibile l’interpretazione delle alterazioni elettrocardiografiche durante sforzo. Inoltre, l’assunzione di alcuni farmaci, quali la digitale, i farmaci anti-anginosi, i farmaci betabloccanti, alcuni antidepressivi, possono variamente inter-ferire con l’interpretazione e con il risultato del test da sforzo; pertanto, in questi casi dovrà essere valutata con ìl medico la possibilità di una loro eventuale sospensione prima dell’esecuzione dell’esame. Infine, vi sono alcune condizioni che controindicano l’esecuzione di una prova da sforzo. Sono: l’infarto infarto miocardico da meno di 48 ore; l’angina instabile; alcune situazioni di irregolarità del battito cardiaco (aritmie); le malattie della valvola artica (stenosi artica grave); lo scompenso cardiaco in fase di instabilità clinica; l’embolia o l’infarto polmonare recenti; la miocardite o pericardite in fase acuta; l’aneurisma dell’aorta.


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