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Lo stent, alternativa al by-pass.

Homepage scienza e salute Lo stent, alternativa al by-pass.
scienza e salute

Lo stent, alternativa al by-pass.

27/04/2006
By Alessandro Danesi
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L’era moderna della cardiologia invasiva ha avuto inizio in seguito allo sviluppo da parte del cardiologo svizzero Andreas Gruentzig di un catetere a palloncino a lume doppio che era in grado di dilatare con sicurezza e con una elevata percentuale di successi le lesioni delle arterie iliache e femorali. La successiva miniaturizzazione di questo sistema di cateteri a palloncino consentì l’esecuzione a Zurigo nel 1977, da parte dello stesso Gruentzig, della prima angioplastica coronaria transluminale per via percutanea. Successivamente a questo primo intervento a livello coronarico, condotto per via per cutanea , il campo della cardiologia invasiva ha avuto una crescita esplosiva. Questa espansione tuttavia è stata sostenuta anche dall’introduzione di una serie di nuovi strumenti, di alcune terapie farmacologiche adiuvanti che consentivano di superare alcune delle limitazioni iniziali dell’angioplastica con palloncino. Scarica il file

Gli strumenti utilizzati inizialmente per l’angioplastica con palloncino (a proposito: ricordo che per coronarografia, angioplastica e posizionamento di stent la tecnica iniziatle è identica: si introduce, senza dolore per il paziente, un catetere quasi sempre nell’arteria femorale, con cui si risale sino alla zona cardiaca), questi strumenti, dicevo, sono stati successivamente perfezionati, miniaturizzati ed ottimizzati, consentendo l’accesso ed il trattamento di lesioni coronariche con localizzazioni più distali, poste anche al di là di segmenti vascolari con andamento tortuoso. Diversi studi, inoltre, hanno dimostrato la superiorità dell’angioplastica con palloncino, rispetto alla terapia medica, nel trattamento dell’angina cronica, delle sindromi coronariche acute e dell’infarto miocardio acuto. Nel trattamento di una malattia coronaria interessante più arterie l’angioplastica con palloncino, possiede in pazienti selezionati, un’efficacia equivalente al bypass aorto-coronarico.

L’introduzione nei primi Anni Novanta degli stent (protesi endovascolari) ha rappresentato un vero e proprio “salto di qualità†nello sviluppo della cardiologia invasiva. Gli stent vennero inizialmente utilizzati nel trattamento della “minaccia di occlusione†nel corso di interventi a livello coronarico; successivamente si è dimostrato come tali sistemi potessero ottenere una significativa riduzione delle restenosi, cioè di una riocclusione parziale o totale del vaso, nel corso non solo di interventi a livello coronarico ma anche a livello di arterie periferiche. Nel tempo i miglioramenti avvenuti nel design, nella forma e nello spessore del dipositivo nonché la maggiore flessibilità unitamente alla disponibilità di numerosi tipi di stent diversi, consentono oggi di raggiungere lesioni più distali, localizzate a livello di vasi più piccoli, e di affrontare difficoltà anatomiche più complesse rispetto a quanto avveniva in passato.

Gli stent hanno costituito, in realtà, anche una sorta di “piattaforma†per altre innovazioni. Sono infatti oggi disponibili stent che consentono il rilascio di farmaci antiproliferativi, cioè di farmaci che impediscono la reazione proliferativa delle cellule della parete vasale all’interno del lume stesso e che hanno ridotto il tasso di restenosi (riocclusione) a livello dello stent fino a percentuali minime. Secondo alcuni studi clinici tale frequenza di riocclusione sarebbe arrivata fino al 4-9%: un notevole risultato se si pensa che prima dell’introduzione di questi nuovi stent il tasso di riocclusione si aggirava intorno al 25-30%. Attualmente sono disponibili nel nostro paese due tipi di stent medicati dotati di una copertura di polimeri che rilascia il farmaco “sirolimus†o “taxolo†nell’arco di 2 settimane con scarsi o nessun effetto collaterale. Sono altresì in fase di sviluppo altri stent con diverse proprietà farmacologiche.

Gli stent a rilascio di farmaco costituiscono, come è facile intuire, un miglioramento molto promettente nel campo della cardiologia invasiva. Questi sistemi sono certamente indicati nel trattamento di lesioni coronariche con elevato rischio di restenosi, in base a quanto suggerito dalla localizzazione delle lesioni a livello di vasi di piccolo calibro, dalla maggior lunghezza della lesione, dalla presenza di diabete mellito. Questi sono tutti fattori che secondo studi clinici e soprattutto nell’esperienza degli operatori predispongono ad una maggior probabilità di riocclusione (restenosi) dopo l’impianto di stent tradizionali.

D’altro canto, come avviene per qualsiasi nuova tecnologia, anche per gli stent i progressi ottenuti hanno sollevato molte domande che sono ancora senza risposta. Gli stent a rilascio di farmaco non sono stati finora adeguatamente valutati nel trattamento di lesioni da restenosi, dell’infarto miocardio acuto, delle lesioni di graft (bypass) della vena safena, oppure di lesioni localizzate a livello di biforcazione. Per tale motivo sono in corso studi clinici che hanno come fine quello di valutare l’efficacia e l’appropriatezza dell’applicazione di questi stent in quelle particolari condizioni e che potrebbero rappresentare un ulteriore passo in avanti nel trattamento della malattia coronarica e delle sue complicazioni. I trattamenti per via per cutanea della malattia aterosclerotica hanno compiuto nel corso degli ultimi decenni dei notevolissimi progressi. Questi trattamenti sono ora sicuri, efficaci e diffusamente disponibili. La continua espansione delle possibilità di applicazione di queste procedure rende necessario affrontare nuove frontiere e nuove sfide.


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