Un Forum su come fronteggiare le sindromi coronariche acute
Il tema delle sindromi coronariche acute è stato al centro del II Forum cardiologico promosso e realizzato dalla Cardiologia dell’Ospedale Santo Spirito in collaborazione con l’Associazione Cuore Sano che ha curato l’accredito del convegno scientifico presso il Ministero della Salute nell’ambito del programma di Educazione continua in medicina (ECM). All’iniziativa, svoltasi a fine gennaio scorso, hanno preso parte oltre cento cardiologi del Lazio.
Che cos’è, intanto, la Sindrome coronarica acuta? Sotto questo termine vengono classificate tutte quelle condizioni cliniche (ad esempio l’angina pectoris instabile, l’infarto miocardico acuto) che sono causate da una rottura/fissurazione di una placca di colesterolo all’interno di una arteria coronarica – l’arteria che porta il sangue al muscolo cardiaco – e a cui segue la formazione di un trombo (coagulo ricco di piastrine) all’interno della arteria coronarica stessa, trombo che se di grandi dimensioni può portare all’occlusione completa della coronaria stessa. Il tema è stato trattato in 4 sessioni, ognuna delle quali aperta dalla presentazione di un caso clinico.
Nella prima sessione si è discusso della strategia di trattamento dell’infarto miocardico acuto e in particolare, partendo dalla riconosciuta importanza di un trattamento rapido dell’infarto con farmaci (trombolitici) in grado di sciogliere il trombo formatosi acutamente all’interno di una arteria coronarica e responsabile dell’infarto, si è dibattuto su come riconoscere tempestivamente se il farmaco trombolitico è stato efficace nello sciogliere il trombo. A tale proposito la migliore valutazione dell’efficacia del trombolitico, e pertanto della dissoluzione del trombo e riperfusione dell’arteria coronarica occlusa, sembra essere ottenuta dalla riduzione oltre il 50% dei segni di ischemia acuta ad un elettrocardiogramma ripetuto dopo 60 – 90 minuti dalla somministrazione del trombolitico. Se dalla valutazione elettrocardiografica a 60-90 minuti la trombolisi farmacologica viene giudicata inefficace, secondo gli studi più recenti i pazienti dovrebbero essere sottoposti rapidamente ad una procedura di angioplastica coronarica cosiddetta di “salvataggio†che consente per via meccanica e cioè tramite la dilatazione dell’arteria coronarica nel punto dell’occlusione trombotica per mezzo di cateteri con palloncino gonfiabile alla loro estremità di ripristinare il flusso all’interno della coronaria colpita. Se invece la trombolisi è giudicata efficace il paziente potrà essere sottoposto a studio coronarografico e ad eventuale angioplastica nei giorni seguenti, prima della dimissione.
Nella seconda sessione è stato trattato il tema dello shock cardiaco, cioè di quella condizione in cui la funzione di pompa del cuore è significativamente compromessa, al punto che il cuore non è più in grado di pompare la quota di sangue necessaria per mantenere una normale pressione sanguigna e per far funzionare adeguatamente tutti gli altri organi (tra cui cervello, reni e polmoni). Lo shock cardiogeno, condizione che si verifica principalmente in seguito ad un esteso infarto acuto, per essere trattato efficacemente richiede interventi terapeutici complessi tra cui l’angioplastica coronarica o il by pass aorto-coronarico d’urgenza, e l’impiego di una adeguata terapia medica.
Nella terza sessione si è discusso di come ottimizzare il trattamento delle Sindromi Coronariche Acute in alcuni sottogruppi di pazienti a più alto rischio: i pazienti diabetici, i pazienti con insufficienza renale o i pazienti con resistenza all’aspirina.
Infine nella quarta sessione si è discusso di come deve essere seguito e valutato nella fase post-ospedaliera il paziente con Sindrome Coronarica Acuta sottoposto a procedura di angioplastica coronarica. In particolare si è discusso di quali siano gli esami diagnostici strumentali (elettrocardiogramma da sforzo, ecostress, angio TAC coronarica ecc.) in grado di identificare una ripresa della malattia coronarica o una ostruzione all’interno degli stent coronarici impiantati al momento dell’angioplastica coronaria.